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Una gravidanza difficile: storia di un viaggio personale

Spesso mi hanno detto che avere un blog di viaggi significa pubblicare informazioni utili per i viaggiatori, ispirare nuove mete attraverso belle foto, raccontare la propria esperienza e le proprie sensazioni… ma scrivere solo di questo, non della propria vita (cosa che io faccio in ogni caso raramente, anche sui social, per un mio pudore personale).

Altre volte mi hanno detto che bisognerebbe curare il “personal branding“, metterci la faccia, raccontare qualcosa di sé, perché chi ti legge vuol sapere chi c’è dietro il blog, e forse più per curiosità che per vera necessità, avere accesso anche a pezzetti di vita dello “scrittore”.

Chi avrà ragione?

Io parto sempre dall’idea che il blog nasce come diario personale e che questo è l’unico spazio che sento completamente ed unicamente mio. Ragion per cui scrivo e scriverò solo quello che davvero mi va di raccontare. Non metterò in mostra la mia vita, perché così otterrei più “like”. Ma non mi nasconderò dietro un freddo elenco di informazioni utili.
Ogni articolo nasce prima di tutto dalla mia voglia di scrivere e di condividere, indipendentemente da chi mi leggerà. Ovviamente, ed in tutta onestà, mi fa piacere quando un mio post ha un buon numero di accessi: è una soddisfazione personale poter aiutare altre persone nell’organizzare un proprio viaggio! Ma non è quello il motore che spinge le mie dita sui tasti del pc.

Ed ora sono qui. Non scrivo da un bel po’. Ho spiegato su facebook il motivo della mia assenza, la nascita della mia piccola M.! Ebbene si, ora il “pur sempre” piccolo F. è diventato un fratello maggiore! 🙂
Gli ultimi mesi di gravidanza non sono stati per niente facili. Ed è per questo che sono sparita un po’, fagocitata da malesseri vari e pensieri troppo grandi per dare spazio ad altro. Vi ho già raccontato che la seconda gravidanza non è mai come la prima, per la presenza di un figlio che, soprattutto come nel mio caso (ha solo 2 anni), ha bisogni sempre crescenti e non può certo capire fino in fondo il perché di molte modifiche allo stile di vita (ad esempio la necessità di non prenderlo troppo in braccio).

Che poi… in gravidanza si dovrebbe stare attenti a molte cose… ma con un bimbo piccolo sempre vicino come si fa? Quando ho scritto il primo post era maggio e ancora non sapevo a cosa sarei andata incontro… avevo solo notato che non riuscivo a concentrarmi sulla piccola vita che cresceva dentro di me come fatto per la prima gravidanza. Ma non avevo idea di cosa avrei dovuto affrontare dopo.
Ora, mentre scrivo, è novembre e riesco a parlarne solo perché adesso ho il cuore leggero , perché tutte le paure sono state dissolte da una sola parola: “negativo”.

Ho contratto il citomegalovirus al sesto mese di gravidanza.

Molti non sanno neanche cosa sia questo virus. Io ho eseguito le analisi per rilevarlo tutti i mesi, sia nella prima che nella seconda gravidanza.
Sempre tutto negativo.
Fino a che, un bel giorno di luglio, mentre ero in spiaggia con mio figlio e mia madre, squilla il mio cellulare. Le parole del ginecologo hanno spezzato qualcosa dentro di me. Positiva al citomegalovirus. Avevo letto tanto, anche perché il piccolo F. lo aveva contratto un paio di mesi prima, e sapevo bene quale rischio comportasse: malformazioni, sordità, cecità, ritardi celebrali…

Tante analisi dopo era tutto confermato: avevo contratto il virus e non si poteva far altro che aspettare la nascita, sperando che la piccola non fosse stata infettata. O che, sebbene infetta, risultasse asintomatica negli anni (ma per scoprirlo avremmo dovuto aspettare fino ai 3 anni, momento entro il quale possono insorgere eventuali problemi).

Ho cercato di esser forte.

Un po’ per me, un po’ per chi mi sta accanto, ma sopratutto per la mia piccola M.. Sapevo che agitandomi lei ne avrebbe risentito. Ho iniziato a dire a tutti che sarebbe andato tutto bene. Non so quanto realmente ci credevo ma così speravo di convincere anche me. Non so quante volte ho pianto di nascosto, non so quante ricerche ho fatto, per capire quanto curabili fossero i danni. Non so quante volte mi sono sentita una pessima madre, per non esser riuscita a proteggere mia figlia. Cercavo di dirmi che non potevo far nulla, non avrei dovuto forse baciare mio figlio? Cambiargli il pannolino? Dargli da mangiare? Avrei dovuto proteggere M. e allontanare F.? Non sarei stata comunque una pessima madre? Mi sono fatta queste domante migliaia di volte, senza mai trovare una risposta. Mi sono ritrovata a piangere all’improvviso, a non dormire notti intere…

Fino al giorno della sua nascita. Ho visto il suo volto, i suoi occhi grandi, e ho capito che qualsiasi cosa sarebbe successa, l’avremmo affrontata con forza ed amore. Poi le prime visite. Ci sente e ci vede. E ne sei felice. Ma sai anche che i danni possono insorgere dopo… L’unica cosa certa è l’analisi delle urine, raccolte entro 24 ore dalla sua nascita. Solo quelle ci diranno se ha contratto il virus o no.

7 giorni di attesa.

7 lunghissimi giorni.

In cui è impossibile non pensarci e non avere questo velo grigio sull’immensa gioia della sua nascita.

Negativo.

La parola più bella del mondo.

Ora siamo qui. In quattro. Ad affrontare questa nuova vita. Stanchi. Ma pieni di amore. Stressati e felici. Con poche ore di sonno ma un sorriso perenne sul volto.

Benvenuta dolcissima M., che la tua e la nostra vita possa portarci lontano…
Benvenuta mia piccola rosa nel deserto.

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