C’è una parte del viaggio che mi piace molto: quella che precede la partenza, quando le dita della mano battono all’impazzata sulla tastiera del pc per trovare le combinazioni aeree e le informazioni della meta successiva. Si, guardando il mondo dei viaggi, sono cambiate tante cose con l’avvento di internet e le distanze si sono praticamente annullate. C’è, però, sempre un piacere nascosto che riappare ogni qual volta si è in partenza.
Il mio viaggio in Cambogia è nato così, dall’idea di visitare un posto poco conosciuto e dalla fortunata coincidenza di aver trovato un biglietto davvero economico per l’Oriente.
Pronti, partenza, via…praticamente last minute! Contrariamente al solito, il viaggio in Cambogia è stato figlio di una decisione presa all’ultimo minuto, in un’estate particolare durante la quale stranamente la mia “frenesia da viaggio” non aveva ancora prodotto meglio.
Volo Roma-Bangkok con stop over (che è sempre piacevole) ad Istanbul: mai scelta fu più saggia di quella di atterrare in Thailandia. Non sapevo ancora, infatti, mentre acquistavo il biglietto, che, in questa maniera, mi sarei regalato un’esperienza davvero unica: attraversare il confine tra Thailandia e Cambogia a piedi…
Da Bangkok a Poipet, che rappresenta, per l’appunto, il punto di confine, ci vogliono circa 3 ore. Questa volta la mia sfortunata compagna di viaggio era un’amica che all’arrivo a Bangkok non sapeva ancora cosa l’aspettava: sveglia alle 5 di mattina per saltare sul taxi prima delle 6 ed arrivare al confine entro le 8.30. Dovete, infatti, sapere che Poipet accoglie ogni giorno un mare di gente tra turisti in cerca di avventure e pendolari che fanno sopra e sotto da una nazione all’altra: arrivare dopo le 8.30 significa sacrificare gran parte della mattinata per l’attesa, considerando che è necessario ottenere il visto cambogiano per varcare il confine.
Il nostro tassista, diligentemente, ci ha portati a Poipet per tempo e, così, alle 9 eravamo praticamente già in Cambogia. Passare il confine a piedi è un’esperienza particolare: abituati agli aerei, abbiamo perso un po’ il senso della dimensione locale, delle cose semplici e più informali. Tra la dogana thailandese e quella cambogiana, infatti, si camminava su una strada semi-sterrata, un po’ old style.
La Cambogia è un posto unico ed ha, a mio parere, uno dei siti più belli a livello mondiale: Angkor Wat. Non è facile descrivere i templi, la loro imponenza, la grande capacità architettonica a parole… Angkor Wat è un miracolo dell’uomo che, con il tempo, è stato ingurgitato dalla natura, che si è reimpossessata dei propri spazi. Ci sono alberi che nascono sulle strutture in pietra, le cui radici abbracciano e cingono le colonne, in un perfetto equilibrio tra costruzioni e natura che crea un’atmosfera speciale.
Il sito è molto vasto e, solitamente, si visita con l’aiuto dei Tuk tuk, i tre ruote orientali che impazzano all’interno dell’area archeologica. Destinare ad Angkow Wat meno di tre giorni significa perdersi sicuramente qualcosa, e, tra quel qualcosa, c’è un’esperienza assolutamente unica che è difficilmente ripetibile altrove…l’alba di Angkor Wat…
In hotel mi avevano detto che non potevo ripartire dalla Cambogia senza aver visto l’alba che, come tutte le cose belle e come avevo già scritto a proposito del Machu Picchu in Perù, costa sacrifici. Sveglia alle 3.30 del mattino per essere sul posto alle 5 massimo. Si, perché il sito archeologico è chiuso ma a quell’ora si può sostare fuori, davanti al laghetto, in attesa che il sole si erga sul tempio. Non c’è da preoccuparsi, non si è soli ma con un mare di cinesi e giapponesi armati di macchine fotografiche monumentali, tali da farvi sentire dei poveri squattrinati.
Ci vuole un po’ di pazienza: l’alba, almeno ad agosto, è intorno alle 6 del mattino, ma già dalle 5.30 il cielo, assolutamente stellato ma scuro, inizia a colorarsi fino a raggiungere un arancione intenso che colora il cielo ed il tempio, regalando immagini indelebili: una di queste è quella che mi piace condividere con voi anche se la bellezza della foto non riesce a trasmettere le emozioni del momento.
Siem Reap (che è il paese vicino ad Agkor Wat che, invece, è il tempio più grande della zona, con il quale, tuttavia, si tende ad identificare tutta l’area) è un paesino molto carino ed ha, per chi vuole un arrivo meno avventuroso, un comodo aeroporto a pochi chilometri, che serve la maggior parte delle mete asiatiche.
Ultima cosa: si può fare un volo in elicottero su Angkor Wat. Che dire, ve lo consiglio: guardare le cose dall’alto offre sempre un’altra prospettiva, e più sono i punti di vista, maggiore è la consapevolezza e la conoscenza che si ha di un luogo.