10 canzoni italiane che parlano del mare

10 canzoni italiane che parlano del mare

Il mare è un luogo fortemente evocativo, è un simbolo, è l’oggetto di mille metafore. È quindi ovvio che anche l’immaginario degli autori di musica ne sia fortemente influenzato. Sono innumerevoli le canzoni che parlano del mare, da mille angolazioni diverse. Quello che segue è solo un breve percorso attraverso 10 canzoni italiane che parlano di “questo grande fratello blu”.

 

L’accezione più frequente nella musica leggera è quella che vede nel mare il luogo simbolo dell’estate, con il suo corollario di sole, bibite fresche, amori e… trasgressioni, come quelle cantate dalla voce portentosa di Giuni Russo:

Quest’estate ce ne andremo al mare
Con la voglia pazza di remare
Fare un po’ di bagni al largo
Per vedere da lontano gli ombrelloni-oni-oni
Un’estate al mare
Stile balneare
Toglimi il bikini

 

Il testo di Un’estate al mare ha le caratteristiche tipiche di tante altre canzoni composte, come questa, da Battiato negli anni ’80: apparentemente superficiale e sbarazzino, molto pop, e molto intrigante.

 

Sulla stessa linea d’onda (è proprio il caso di dirlo 🙂 ) Voglio andare al mare di Vasco Rossi.

 

Voglio andare al mare
perché mi han detto che là
sì che ci si diverte (non come qua).
Mi voglio sfogare
quest’estate voglio fare indigestione
di donne e di sole…

 

Ma c’è anche chi va al mare con ottime intenzioni, ma torna con… le pive nel sacco! Come racconta nel 1995 Luca Carboni in Mare mare.

Mare, mare, mare
cosa son venuto a fare se non ci sei tu
no, non voglio restarci più no, no, no,
mare, mare, mare
cosa son venuto a fare se non ci sei tu
no, non voglio restarci più no, no, no

Il mare e le spiagge sono anche il teatro di tanti amori che nascono e che finiscono, lasciando quel sottofondo di malinconia descritto da Fred Bongusto nella famosissima Una rotonda sul mare.

Una rotonda sul mare
Il nostro disco che suona
Vedo gli amici ballare
Ma tu non sei qui con me

Di un amore finito parla anche con malinconia Marco Masini in Ci vorrebbe il mare.

Ci vorrebbe il mare che accarezza i piedi
mentre si cammina verso un punto che non vedi
ci vorrebbe il mare su questo cemento
ci vorrebbe il sole col suo oro e col suo argento
e per questo amore figlio di un’estate
ci vorrebbe il sale per guarire le ferite
dei sorrisi bianchi fra le labbra rosa
a contare stelle mentre il cielo si riposa.
Ci vorrebbe il mare per andarci a fondo
ora che mi lasci come un pacco per il mondo.

Ma il mare non è solo estate e ciò che ne consegue, nel bene e nel male. Il mare è lì tutto l’anno…

Il mare d’inverno
è un concetto che il pensiero non considera
è poco moderno
è qualcosa che nessuno mai desidera
Alberghi chiusi
Manifesti già sbiaditi di pubblicità
Macchine tracciano solchi su strade
Dove la pioggia
D’estate non cade
E io che non riesco
Nemmeno a parlare con me

Versi brevi, questi scritti da Enrico Ruggeri per Loredana Bertè ne Il mare d’inverno, essenziali e asciutti come sanno essere i capolavori.

In questo poetico gioco di contrasti il mare non è più il luogo della folla, ma un orizzonte di solitudine col quale misurarsi: è quello che canta anche Franco Battiato nel 1981 in Summer on a solitary beach.

Passammo l’estate
su una spiaggia solitaria
e ci arrivava l’eco di un cinema all’aperto
e sulla sabbia un caldo tropicale
dal mare.
E nel pomeriggio
quando il sole ci nutriva
di tanto in tanto un grido copriva le distanze
e l’aria delle cose diventava
irreale.
Mare mare mare voglio annegare
portami lontano a naufragare
via via via da queste sponde
portami lontano sulle onde.

In questo filone di significati che contrastano con la comune associazione mare = felicità, il mare diventa anche il rifugio ultimo di una donna disperata, Maria marea, in un grande successo dei Pooh.

E cosi se ne andò con l’idea di dove andare
camminò sulla marea, prese l’onda e l’abbracciò.
Maria marea sotto il mare c’è sempre più mare
e di più. Maria marea affondare è un po’ come volare
e di più, e di più.

Non possiamo non citare una delle maggiori vette poetiche raggiunte da Lucio Dalla, che in Com’è profondo il mare fa di questo elemento, di questo luogo, lo scenario in cui ambientare una immensa ed intensa metafora della storia dell’Uomo, della sua evoluzione, delle conquiste, dei soprusi, con i pesci a simboleggiare la libertà che sfugge sempre, in un modo o nell’altro, a ogni tentativo di controllo o di sottomissione.

È chiaro
Che il pensiero dà fastidio
Anche se chi pensa
È muto come un pesce
Anzi un pesce
E come pesce è difficile da bloccare
Perché lo protegge il mare
Com’è profondo il mare

Chiudiamo questa breve carrellata con un brano che trasfigura l’idea del mare fino a renderlo non più un luogo, ma un modo di essere ed un orizzonte di libertà che mette quasi paura: si tratta della celeberrima Gente di mare di Umberto Tozzi e Raf.

E quando ci fermiamo sulla riva
lo sguardo all’orizzonte se ne va
portandoci i pensieri alla deriva
per quell’idea di troppa libertà.
Gente di mare
che se ne va
dove gli pare
dove non sa.
Gente corsara che non c’è piu’
gente lontana che porta nel cuore
questo grande fratello blu

 

Per ascoltare tutte le canzoni, ecco le playlist (e non dimenticare di seguire i nostri account per non perdere nuove compilation!!):

Testo di Corrado

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